Il castello di Thiene, è noto anche come palazzo o villa “Porto Colleoni Thiene”. Si trova appunto a Thiene, nella pedemontana vicentina ed è un luogo affascinante da visitare. Probabilmente la denominazione “castello” non è calzante, anche se la struttura che ci appare, lo ricorda alquanto. Basta guardare le due torri laterali e la cinta di mura merlate. Nondimeno, si tratta precisamente di una villa piuttosto “troneggiante”.
Il castello di Thiene
Anzi, possiamo dire che ci troviamo davanti ad un vero e proprio esempio di residenza di campagna pre-palladiana. In ogni caso resta un unicum nel suo genere, visto che si colloca appunto tra il castello medievale e la villa palladiana. La struttura, costruita durante il XV secolo per volere di Francesco Porto; uno dei più ricchi signori di Vicenza dell’epoca, deriva dalla tarda architettura medievale del palazzo gotico veneziano.
Osservando il corpo centrale, sagomato a T e le due ali più elevate aggettanti, ritroviamo elementi che evocano il Fondaco dei Turchi a Venezia. Il palazzo in origine serviva per l’immagazzinamento dei prodotti agricoli dei latifondi circostanti. Il visitatore può rendersene conto, guardando i cinque grandi archi a tutto sesto del pianterreno. Inoltre anche dalla grande pentafora; una delle poche presenti in terra ferma al di fuori di Venezia.
Pentafora e il castello di Thiene
Affiancata da due monofore del primo piano, esse erano necessarie per dare luce e aria ai prodotti immagazzinati. Nel corso del Cinquecento l’edificio ebbe una sopra elevazione, con la creazione del secondo piano, destinato a magazzino. Lo si ottenne con la chiusura delle merlature sul corpo centrale e il posizionamento di un tetto spiovente.
Quindi il primo piano diventò piano nobile; arredato ed abitato. Anche le ali laterali vennero sopraelevate; mantenendosi più elevate ed aggettanti rispetto al corpo centrale e conservando, inoltre, la merlatura originaria. Le finestre del primo piano sono decisamente gotiche, mentre quelle del secondo piano sono rinascimentali. La famiglia Porto, che operò le grandi modificazioni successive, mantenne la proprietà del castello fino al 1816; quando lo ereditò la famiglia Colleoni. Quest’ultima a sua volta mantenne la proprietà per tre generazioni fino al 1918; quando passò definitivamente ereditato dalla famiglia di Thiene, attuale proprietaria del castello.
Famiglia Colleoni
Al pianterreno si può visitare il “camerone del Camino”, che è una sala interamente affrescata da Giovanni Battista Zelotti e Giovanni Antonio Fasolo. Costoro sono stati i due pittori più noti come allievi di Paolo Veronese. Le scene narrate rappresentano quattro episodi di storia romana tratti dal “Ab Urbe condita libri” di Tito Livio. Parliamo dell’’incontro fra Massinissa e Sofonisba, Porsenna e Muzio Scevola, Il convitto di Cleopatra, La clemenza di Scipione.
Continuando la visita possiamo vedere la scuderia che presenta 32 stalli; 16 per lato, risalente al XVIII secolo. Si tratta di un esempio di straordinario razionalismo del secolo illuminista. Essa presenta dettagli estremamente elaborati, come i ferri battuti sulle colonne dove si appendevano i finimenti dei cavalli. Inoltre le mangiatoie degli stalli in legno e i divisori intagliati.
Pietra di Vicenza
Una particolarità è costituita dai ferri sul lato interno della colonna; utilizzati come cursori, per permettere allo stalliere di sollevare il battifianco che separava i cavalli, passando da uno stallo all’altro senza dover scendere e risalire. Consentiva inoltre al cavallo di ruotare e quindi uscire frontalmente. Per una maggiore aderenza agli zoccoli, il pavimento presenta un complesso disegno a catena in pietra martellina bianca e rosa nella corsia centrale; e un ciottolato sia nella parte anteriore dello stallo, come al centro della scuderia. Le colonne, che dividono gli stalli, sono in marmo rosso e i putti soprastanti sono in pietra di Vicenza. Al centro della scuderia, c’è un condotto che permetteva allo stalliere, di essere in costante comunicazione con la scuderia. Nel cortile, alla destra della facciata, vi è la vera da pozzo, il cui disegno è attribuito ad Andrea Palladio.
Quanto sono belli i castelli!