Orlando Pizzolato, primo vincitore italiano della Maratona di New York

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INTERVISTE PERSONAGGI

Orlando Pizzolato, primo vincitore italiano della Maratona di New York

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Biografia

Orlando Pizzolato è nato a Thiene (VI) nel 1958 e risiede a Santorso (VI).

Il suo nome è legato alle due vittorie alla Maratona di New York (1984-1985). Altri importanti risultati: 1° posto alla Maratona delle Universiadi di Kobe (1985) e alla Maratona di Venezia (1988); medaglia d’argento ai Campionati Europei di Stoccarda (1986), 3° posto alla Maratona di Boston (1986) e alla Maratona di New York (1986).
Ha partecipato all’Olimpiade di Seul 1988 (14°), ai Campionati Mondiali di Roma 1987 (6°), ai Giochi del Mediterraneo di Spalato 1979 (5°).
Ha vestito 11 volte la maglia azzurra di maratona. È stato primatista italiano di maratona nel 1985 con il tempo di 2h10’23” (Hiroshima – Coppa del Mondo di Maratona). È diplomato fisioterapista della riabilitazione (specializzazione in fisiologia articolare), tecnico Fidal, commentatore esperto di maratona per la RAI.

Orlando Pizzolato

Foto runlikeneverbefore.com

Ma l’immagine di Orlando Pizzolato è legata indiscutibilmente al mondo podistico amatoriale, con la sua occupazione principale di preparatore atletico (Winning Program) e con l’organizzazione di stages di allenamento e vacanza, attività che ha iniziato nel 1992 e che ripropone puntualmente ogni estate.
Ha un sito web che offre costantemente servizi al mondo amatoriale: dal numero di novembre 2005 è direttore responsabile della rivista mensile Correre. Ha due figlie, Anna e Chiara rispettivamente di 19 e 16 anni. È sposato con la signora Ilaria.

Intervista

Una doppietta che vale la medaglia olimpica. Ce lo spieghi?
Ho attraversato con le mie gambe la New York degli anni Ottanta, il sogno remoto e immaginifico di giovani italiani ancora poco avvezzi a viaggiare per piacere, riuscendo dove ogni altro europeo aveva fino ad allora fallito: vincere la maratona. Accadde nel 1984, e poi di nuovo nell’85.


Nessuno come me nel Vecchio Continente. Non Gianni Poli, né Giacomo Leone, né Franca Fiacconi, che pure negli anni successivi avrebbero sventolato il tricolore all’ombra di Miss Liberty, né tanto meno l’inglese Steve Jones. Una doppietta che vale una medaglia olimpica”.

L’edizione del 1984 fu davvero la “tua” Olimpiade?

“Mancai Los Angeles e finii a New York.
Già due anni prima avevo corso la maratona su invito della Champion, lo sponsor della mia società, il Cus Ferrara, che chiese ad alcuni atleti italiani di partecipare all’evento per farsi un po’ di pubblicità.
All’epoca non era facile andare a New York, così colsi l’occasione, determinato però a non fare l’uomomanifesto.
Mi ritirai solo perché venivo da un anno particolarmente intenso sul piano atletico; avevo corso maratone in tutti i continenti, un mese prima a Pechino, solo due settimane prima a Torino. L’anno dopo tagliai il traguardo ventitreesimo. Nel 1984 il mio obiettivo erano i Giochi Olimpici: fallito quello, ebbi tutto il tempo per rigenerarmi e arrivare carico nella Grande Mela”.

Pizzolato New York 84 Arrivo

Eri determinato a vincere quella gara?

“Deciso a far bene, non mi aspettavo di vincere. Giocò a mio favore il caldo e l’umidità che io, a differenza di molti miei avversari, non soffrivo. Il mio approccio alla gara fu prudente, altri pagarono l’aggressività iniziale.
Al  sedicesimo chilometro andai in fuga
 guadagnando un minuto sui miei avversari, fino a quando, a partire dal trentaduesimo, cominciai a rallentare pericolosamente. Per fortuna riuscii a gestire il vantaggio accumulato arrivando al traguardo quarantanove secondi prima degli altri”.

Più difficile vincere o confermarsi?

“Sulla carta la maratona del 1985 si presentava molto più dura: vi partecipavo da campione in carica, ma non da favorito, perché si era iscritto alla competizione anche un osso duro, Hussein Ahmed Saleh, che in una precedente gara mi aveva dato tre minuti di distacco, nonostante io avessi siglato il record italiano. Ma la maratona è imprevedibile e amplifica ogni imprevisto.
Probabilmente Saleh non era in giornata o sbagliò strategia: io ero molto concentrato e questo mi permise di bissare”.

Conquistare due edizioni della maratona di New York può cambiare la vita?

“Nell’immediato ti dà una popolarità incredibile, un grande successo mediatico: tv e giornali mi avrebbero quasi ignorato se avessi vinto una corsa di pari dignità atletica come la maratona di Chicago.
Le mie due vittorie hanno segnato certamente una svolta sul piano professionale; sul piano umano, invece, la mia vita è proseguita più o meno sugli stessi binari di prima: ho continuato i miei studi di fisioterapia, e per due anni ho tenuto la Mercedes vinta in garage, preferendole la mia vecchia 127″.

Quali sono il fascino e la difficoltà della maratona di New York?
“La maratona di New York è un viaggio attraverso una città multietnica e festosa, durante il quale si ha l’impressione di vedersi sfilare davanti il mondo; il pubblico incita dal primo all’ultimo metro, una scarica di adrenalina indescrivibile.
Ma quest’atmosfera è un’arma a doppio taglio, perché può compromettere la concentrazione”.

“È facile perdere di vista l’obiettivo mentre si è assordati dal rumore delle radioline degli spettatori o dai tamburi delle majorettes. Occorre riuscire a isolarsi per ascoltare se stessi e trovare le energie mentali necessarie alla corsa, che presenta oltretutto non poche difficoltà tecniche, soprattutto altimetriche.
La maratona di New York non è una maratona pianeggiante, come quelle di Londra e Berlino, per esempio: ci sono i ponti in salita e il percorso ondulato di Central Park, insomma è una gara difficile da interpretare sul piano tattico. Sei diventato un punto di riferimento per chi desidera prepararsi alla maratona di New York”.

Orlandopizzolato 500

In quanto tempo può essere pronto chi non ha un passato sportivo?
“Direi un anno, anche se molto dipende dall’età e dal peso.
Occorre allenare le articolazioni e i legamenti, estremamente vulnerabili al cambio di carico. Per questo è necessario procedere gradualmente: puntare prima ai 10 chilometri, poi ai 30-35, e solo dopo ai 42. In ogni caso è preferibile cimentarsi almeno in una mezza maratona prima di affrontare una vera maratona.
Quanto alla gara, è fondamentale saper dosare le energie. La crisi del trentesimo chilometro esiste, e non basta la forza di volontà per superarla. Chi non è allenato non può farcela, non ci si può affidare a San Maratoneta. Nell’atletica l’Italia non ha una grande tradizione, eppure è il primo Paese europeo nell’albo d’oro della Maratona di New York”.

Come se lo spiega?
“L’Italia ha avuto una grande scuola di maratona, al punto che molti dei nostri allenatori lavorano in Kenya con i migliori atleti del mondo, ma è evidente che oggi mancano i campioni, nelle corse di lunga distanza come in quelle di velocità, ed è sempre più difficile vederne nascere.
Pochi giovani si avvicinano all’atletica, una disciplina che comporta passione e fatica, uno sport logorante. Si può giocare a basket, a calcio, ma non si può giocare a correre. Di una cosa sono abbastanza sicuro: i futuri campioni dell’atletica italiana non potranno che chiamarsi Mohamed o giù di lì”.

Quanto è importante seguire una tabella di allenamento per chi si avvicina per la prima volta alla corsa?
La cosa più saggia è iniziare gradualmente, magari camminando. È ovvio che la prima cosa da fare sarà una visita medica per verificare la propria idoneità”.

“L’unica cosa che serve per la prima fase è un paio di scarpe da running adatte al proprio piede/appoggio, tutto il resto è optional. L’ideale per iniziare è programmare almeno 3 uscite settimanali (fino a un massimo di 6), personalmente sconsiglio di esagerare inizialmente anche se l’entusiasmo sarà altissimo ricordando che le “settimane” sono solo indicative, in realtà è meglio passare alla fase successiva soltanto nel momento in cui ci si sentirà a proprio agio e per niente affaticati al termine di un’uscita”.

Quali sono le tre regole per il maratoneta secondo Orlando Pizzolato?

“Generalmente, al podista che si avvicina al bellissimo ed affascinante mondo della maratona, cerco di fornire le fondamentali indicazioni pratiche per intraprendere senza rischi questo impegnativo percorso, attraverso gli stages di allenamento che organizzo durante l’anno.
Lavoriamo sulla capacità di finire una maratona in buone condizioni fisiche e nel miglior tempo possibile”.

“Le tre regole fondamentali del maratoneta sono l’autonomia necessaria a concludere la maratona, il saper mantenere un buon ritmo di gara, il mantenimento elevato della propria potenza aerobica. Per questo vengono fornite indicazioni dettagliate sul programma di allenamento che bisogna seguire per arrivare preparato al primo “appuntamento” , senza lasciare nulla al caso, ma analizzando scrupolosamente tutti gli aspetti che fanno parte di una preparazione mirata alla maratona”.

“Il mio contributo è quello di fornire informazioni corrette e consigli pratici che permettano di programmare gli allenamenti in modo da affrontare una maratona nel miglior modo possibile con l’obiettivo principale di arrivare al traguardo soddisfatto e con la voglia di riprovarci. Il corso è per tutti, appassionati di podismo, sportivi che praticano o hanno praticato altri sport, neofiti della corsa”.

Secondo te perché i kenioti sono considerati i più forti nel mondo della corsa?

“Nessuno è però riuscito a scovare un unico fattore decisivo.
Per Colm O’ Connell, il successo attuale non ha nulla di misterioso: l’allenamento paga, tutto qui. Nella Valle del Rift, però, la corsa a piedi è parte integrante della cultura locale. Anche se il genoma svolge sicuramente un ruolo, i fattori sociali e culturali sono senza dubbio più importanti”.

“Per i bambini della valle del Rift, Paul Tergat e compagnia, diventati dei veri e propri ‘businessmen’, sono dei modelli da imitare. Ma non si tratta solo di denaro. La cultura della corsa spinge migliaia di giovani ad emulare i molti di campioni del passato e del presente. Si corre poiché questo è un mezzo per diventare qualcuno.
Lavorano duro, in condizioni d’allenamento difficili ma ideali per la resistenza, in particolare a causa dell’altitudine (2100 metri), per questo sono i migliori. Anche alla fine di una seduta d’allenamento, quando tutti sono ormai spossati, vi è sempre qualcuno che cerca di piazzare un’ultima accelerazione… Una sete di vincere che riesce a trasformare alcuni di loro in macchine da record e da medaglie”.

Cosa pensi del doping?
“Sempre più spesso lo sport viene associato alla parola doping.
Negli ultimi anni molti sono stati gli atleti ad aver ammesso di fare uso di sostanze illecite per migliorare il proprio rendimento, soprattutto nel mondo dell’atletica e del ciclismo. Il fenomeno doping è un problema riguardante non solo l’etica sportiva ma anche la salute pubblica. Purtroppo lo sport professionistico moderno è diventato un grande affare”.

“La ricerca ossessiva del risultato ad ogni costo viene esasperata da pressioni di tipo economico e ci sono atleti che pur di emergere sono disposti a tutto.
I farmaci, usciti dall’ambito sanitario, sono entrati nello sport clandestinamente non per curare una malattia, ma per migliorare il rendimento atletico e falsare l’esito di una gara. I farmaci producono sia benefici che effetti indesiderati e solo il recupero della salute può giustificare il loro impiego”.

Se ti dovessi descrivere con tre aggettivi?
“Appassionato, testardo ed egoista in senso buono”.

Oggi Pizzolato nella vita di tutti i giorni come impiega la sue giornate?

“Oggi Pizzolato corre ancora ma prevalentemente allena atleti dilettanti e collabora con la RAI nelle telecronache delle maratone.
Un corridore che si alza ancora al mattino presto perché è il momento migliore per andare a correre. Insomma nonostante le vittorie sono rimasto un runner come tanti”.

L’atletica italiana che raccoglieva medaglie e applausi in tutto il mondo non ha lasciato eredi da prima pagina?
“No, non è vero che non ci sono atleti giovani che abbiano i numeri per fare bene.
Fino a qualche anno fa c’era un ambiente che era abituato a far gareggiare atleti ad alto livello e che sapeva cosa voleva dire pianificare, organizzare e avere degli obiettivi.
Dopo Baldini, tutto questo non è più avvenuto. Quando dico che ogni atleta dovrebbe chiedersi perché ha scelto di fare atletica, intendo che con lui, su di lui, ci dovrebbe essere un programma, degli obiettivi. Deve intervenire il settore tecnico, che deve fare capire all’atleta che se ha un minimo di talento deve dedicare il suo tempo a coltivarlo nel modo migliore possibile. Per raggiungere traguardi che devono essere condivisi”.

Orlando Pizzolato, primo vincitore italiano della Maratona di New York ultima modifica: 2018-11-08T10:30:06+01:00 da Giancarlo Noviello

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